La vita e il tempo
Che rapporto c’è tra la vita e il tempo? Ve lo siete mai chiesti? Tra i due vi è un profondo legame che influenza l’idea stessa di morte. Per poter comprendere la peculiare idea o visione che un popolo ha della morte occorre analizzare l’idea che tale popolo ha del tempo. L’idea di morte è sempre dipendente dall'idea di tempo. Un parallelo con la nostra cultura può esserci utile. La nostra civiltà si basa su una religione che ha postulato l'idea di un tempo “lineare”. Questa caratteristica è propria di tutte le religioni del libro le quali si erigono su un unico Dio che ha creato, con il Big Bang, l’universo e il tempo. Per esse il tempo è una linea che si estende fino ad arrivare al suo apice, alla sua fine. Tale fine è la fine dei tempi, l'escatologia.
Nella dimensione del tempo lineare ogni evento che accade è unico e irripetibile. Nel cristianesimo, ad esempio, è stato compiuto un solo peccato originale oppure è avvenuto una sola volta l’avvento del figlio di Dio sulla terra. L’unicità e l’irripetibilità di ogni evento storico induce in questi popoli la genesi di un profondo rispetto per la storia che si traduce in una minuziosa memorizzazione e catalogazione temporale di ogni evento. Ogni fatto e avvenimento, seppur minimo, è registrato. Nulla è dimenticato.
Le civiltà invece, come quella indiana, che hanno maturato un'idea “ciclica” del tempo non hanno alcun interesse alla storia. Per questi popoli il tempo non ha il medesimo valore che ha per noi occidentali. Ogni fenomeno si ripete in una maniera ciclica per cui, è chiaro, che ogni margherita di questa primavera non sarà affatto identica alla primavera dell'anno prima ma tra di esse vi saranno forti somiglianze. Suddetta tendenza induce siffatti popoli ad evitare una maniacale registrazione degli eventi come accade in occidente. Ovviamente tale aspetto crea non pochi problemi agli storici. Essi si trovano infatti a dover affrontare non poche difficoltà qualora vogliano individuare la precisa datazione di un reperto storico come il caso di un sutra o di un testo epico per il quale è sconosciuta non solo la precisa datazione ma anche il suo autore.
Se queste due differenti concezioni di tempo vengono trasposte su scala individuale ecco che compaiono due differenti attitudini con le quali concepire il proprio “destino”.
Nell’idea di un tempo lineare gli eventi, in quanto unici e irripetibili, determineranno l’eterno destino di quell’anima, ovviamente se di “anima” si vuole parlare. L’anima avrà un'unica occasione per poter portar a termine il proprio destino. Essa sarà condotta in paradiso o all’inferno. In India, ma come anche in Cina, in cui vige invece un idea di tempo ciclico non vi è morte. La morte è in se stessa vita. Senza morte non vi può essere alcuna nascita. Ecco che anche il destino personale si dipana lungo un ciclo eterno, saṃsāra, in cui l’anima potrà progredire all’infinito fino a quando non si libererà da esso.
Commenti
Posta un commento