Passa ai contenuti principali
Il Destino e il Dharma. 
Il termine Dharma ha come significato generale quello di “tener saldo”, “tenere stretto”, è una sorta di collante della “realtà”. Il Dharma è “l'ordine cosmico” ossia quella struttura dinamica che sottostà ad ogni fenomeno manifesto e immanifesto. E’ ciò che rende il nostro cosmo un cosmo e non un caos imprevedibile e senza forma. Dharma è il movimento che soggiace al ciclo del giorno e della notte, che fa si che dopo l'estate vi sia l'autunno.
Il Dharma è la “legge” che regola la vita, il “tutto” e per tanto ha un sapore divino, sacro. Suddetto significato si ritrova in tutte le scuole indiane, persino in quelle non ortodosse come il buddismo. 
In quanto legge, il Dharma, si associa al concetto di “Etica” e come sappiamo l’etica è ciò che distingue i comportamenti giusti da quelli sbagliati. Per il pensiero antico indiano l'etica non è altro che il riflesso dell'ordine cosmico nelle leggi che regolano i rapporti fra le persone e il tutto. L’etica, secondo questa prospettiva, è in realtà naturale poichè non vuol dire altro che porsi in sintonia con l'ordine cosmico. Nulla di più semplice, direte voi! Ma come ben sappiamo ogni essere umano, per sua natura, è soggetto a cortocircuito. Il pensiero indiano in questo caso ha voluto, in armonia con la sua natura, suddividere ancor più il capello tanto da introdurre una distinzione ulteriore al interno del medesimo concetto di Dharma. Il Dharma viene suddiviso in “Dharma eterno” e “Dharma personale”. Il primo si riferisce alla morale più ampia, più universale, a cui tutti in qualche modo si devono attenere. Il secondo invece si riferisce a quello che ciascuna persona deve fare per poter autenticamente divenire se stesso in base a quanto stabilito dal proprio destino.
Unito al concetto di Dharma vi è inoltre anche quello di Karma. I due termini sono inseparabile tanto che il Karma è l'espressione diretta del Dharma. La parola Karma deriva dalla radice verbale sanscrita “kṛ” che vuol dire “fare”, “agire”. La dottrina del Karma è infatti la dottrina che sostiene la corrispondenza fra tutte le azioni compiute in un dato momento, non solo fisicamente ma anche mentalmente, con le sue corrispettive conseguenze future. Il Karma indica quello che Jung chiamava “la propria equazione personale” e cioè quella cosa, quell’aspetto di sé, quel problema, che si deve poter sviluppare o affrontare al fine di poter divenire veramente se stessi. Ognuno di noi ha infatti degli handicap e dei talenti, comprendere quali sono i propri talenti e svilupparli è fondamentale se si vuole evolvere lungo il cammino del proprio Dharma. Il Karma quindi non è legato al concetto di “punizione” bensì di “apprendimento”. L'idea alla base di questa visione è che ogni essere vivente si trova nella situazione che più gli spetta. Secondo questa legge ognuno è posto esattamente nel punto da cui deve partire per poter evolvere. Se ci si trovasse in un'altra condizione non si progredirebbe. Sarebbe come pretendere da un bambino di prima elementare che impari le equazioni. 
Che cosa accade però se il Dharma personale, la cosiddetta vocazione, entra in conflitto con il Dharma eterno? 
Questo è un tema che ricorre molto nella letteratura indiana soprattutto nell'epica in cui gli eroi si sentono intimamente scissi fra la spinta ad aderire ad una etica, generale e universale, e seguire il proprio destino. L'esempio più eclatante di tale conflitto lo troviamo nella Bhagavadgītā. Questo racconto epico narra di Arjuna, il quale è considerato l'eroe più potente, e Krishna che è la diretta incarnazione di Vishnu, Dio. La battaglia della Bhagavadgītā è il simbolo delle battaglie che ciascuno di noi si trova ad affrontare nella vita. In queste battaglie capita spesso quello che succede ad Arjuna per cui non si ha voglia di combattere e ci si comporta come la volpe e l'uva. Tuttavia il destino ritorna e ci lavora da dentro. Vi è una profonda saggezza nell’idea Dharma inteso come destino personale e nel fatto che non è possibile prendere nessuna scorciatoia se si vuole compiere il proprio destino.

Commenti

Post popolari in questo blog

Lao Tzu “Fai attenzione ai tuoi pensieri, perché diventano parole. Fai attenzione alle tue parole, perché diventano le tue azioni. Fai attenzione alle tue azioni, perché diventano abitudini. Fai attenzione alle tue abitudini, perché diventano il tuo carattere. Fai attenzione al tuo carattere, perché diventa il tuo destino.”
Per Mencio usare il proprio animo, e cioè la facoltà propriamente umana di pensare ciò che si sente, significa inclinare spontaneamente la propria intenzionalità verso la parte più nobile della propria natura. “Gongduzi chiese: “Come si spiega che, pur essendo tutti ugualmente uomini, alcuni diventano persone di grande valore mentre altre divengono persone di poco conto?” Mencio rispose: “ Coloro che privilegiano quanto hanno di più importante ne sono accresciuti, mente coloro che privilegiano quanto hanno di meno importante ne risultano sminuiti”. “Ma come si spiega che, pur essendo tutti ugualmente uomini, alcuni privilegiano quanto hanno di più importante mentre altri privilegiano quanto hanno di meno importante?” “Gli organi di senso non hanno la facoltà di pensare e si lasciano fuorviare dalle cose esterne. Essendo semplici cose in contatto con altre cose, i sensi se ne lasciano inevitabilmente attrarre. L’organo che è il cuore/animo ha invece la facoltà di pensare. Se pensa potrà